giovedì 7 gennaio 2021

Il 2021: un anno per preparare il 600mo della Collegiata

Sono trascorsi quasi 600 anni dal 7 gennaio 1422, quando papa Martino V indirizzò al cardinale Branda Castiglioni la bolla con la concessione di istituire la Collegiata di Castiglione Olona: fu l’inizio di un cammino che, in poco più di tre anni, portò alla consacrazione della chiesa (25 marzo 1425).

Per festeggiare il sesto centenario della Collegiata, dal 2022 prenderà avvio un articolato programma culturale: iniziative che, a più livelli, celebreranno gli anni di intensi lavori che portarono alla nascita della Collegiata, fulcro della trasformazione del borgo medievale di Castiglione Olona quale prima città ideale del Rinascimento.

Lo staff del Museo ha cominciato a lavorare al programma, ricercando anzitutto dialogo e collaborazione: è in fase di formazione un comitato del centenario che certamente si potrà aprire a nuove idee, provenienti dal territorio e non solo, e che sempre sarà ben disposto a spiegare i suoi obiettivi a chi desideri sostenere la significativa ricorrenza con contributi economici o sponsorizzazioni tecniche.

Nel curriculum vitae del cardinale, eccezionale documento che nel 1935 fu trovato intatto nel suo sepolcro, si legge “edificavit unacum castro”: egli fece costruire la Collegiata insieme al castello, di fondazione ben più antica e allora in rovina, dando vita a un complesso monumentale al quale in seguito l’arte di Masolino da Panicale diede grande fama. Proprio questo è il motto scelto per il logo del seicentesimo della Collegiata.

Ciò che sarà organizzato resterà “sotto al cappello” del cardinale Branda Castiglioni, alla cui volontà si deve tutto ciò che oggi si vuole celebrare. Nel logo compare infatti la stilizzazione del copricapo cardinalizio che è scolpito sul fonte battesimale in Battistero: in quest’opera, realizzata all’epoca del Branda da maestri caronesi, il galero del cardinale sormonta lo stemma con il leone Castiglioni.

Già nel 1421 fu registrata a Castiglione la presenza dei fratelli Pietro, Alberto e Giovanni Solari, architetti e lapicidi di una famiglia ben documentata che, sotto ai Visconti e agli Sforza, ebbe un ruolo di rilievo nei maggiori cantieri del Ducato di Milano, dal Duomo alla Certosa di Pavia: a loro l’anno successivo fu affidato anche il cantiere della Collegiata, oltre che di alcuni palazzi nel centro del paese.

Per questa ragione il 2021 sarà un anno di avvicinamento all’importante anniversario: da gennaio sui social del Museo della Collegiata il 7 di ogni mese saranno pubblicati brevi approfondimenti riguardo allo storico compleanno e sarà data qualche anticipazione sulle attività che, dal 2022 al 2025, coinvolgeranno una platea che gli organizzatori si augurano numerosa e variegata. 

mercoledì 6 gennaio 2021

Il Caravaggino è l'Epifania di Castiglione 2021. Nozioni di storia dell'arte sull'Adorazione dei Magi.

L’Adorazione dei Magi, attualmente nella Cappella del Crocifisso nella Chiesa Parrocchiale di Castiglione Olona, è una tela databile ai primi decenni del Seicento.

Giovan Battista Secco detto il Caravaggino (replica da), Adorazione dei Magi, olio su tela, 189 x 148, 5 cm, Castiglione Olona, Chiesa Beata Vergine del Rosario, Cappella del Crocifisso.

Giovan Battista Secco detto il Caravaggino (replica da),

Adorazione dei Magi,

olio su tela,

189 x 148, 5 cm,

Castiglione Olona,

Chiesa Beata Vergine del Rosario,

Cappella del Crocifisso.












Non è ancora stato possibile precisare l’originaria collocazione, ma è invece recentemente emerso un aspetto interessante: l’opera è infatti la replica, con poche varianti, di un’Adorazione dei Magi dipinta da Giovan Battista Secco, detto il Caravaggino, oggi presso il Convento dei Padri Passionisti di Caravate.

Nato verso il 1572/1573, probabilmente a Caravaggio, e morto nel 1622 a Milano, Giovan Battista Secco operò per lo più in area bergamasca e milanese.

Come il più noto Caravaggio, il Secco lasciò la natia Lombardia per andare a Roma, dove fu apprendista presso il pittore e trattatista Federico Zuccari. A differenza di Caravaggio, che non tornò mai in patria, all’età di circa trent’anni il Caravaggino portò la propria bottega a Caravaggio, dove fu molto attivo nel Santuario di Santa Maria della Fontana, realizzando sia affreschi che pale d’altare. Esaurite queste commissioni, si spostò a Milano.

Tra le opere milanesi è utile ricordare l’Adorazione dei Magi dipinta nel 1609 per la Chiesa di San Pietro in Gessate. L’anno successivo firmò l’analoga Adorazione dei Magi, oggi a Caravate, dalla quale deriva l’Adorazione di Castiglione.

Giovan Battista Secco detto il Caravaggino,

Adorazione dei Magi,

1610,

olio su tela,

280 x 230 cm,

Caravate,

Convento dei Padri Passionisti.













Rispetto all’originale, la versione di Castiglione risulta rifilata ai quattro lati, come si vede, per esempio, osservando il copricapo del mago in primo piano, appoggiato per terra, che risulta tagliato a metà. Nello sfondo sono le differenze più consistenti. La cromia dell’opera di Caravate parrebbe più accesa (l’emergenza sanitaria in corso non ne ha permesso la visione diretta). Occorre considerare che la tela di Castiglione nel 2017 è stata oggetto di un intervento di pulitura, a cura della restauratrice Lucia Laita, e che un restauro completo potrebbe dare nuovi elementi per un confronto più stringente tra i due dipinti.

Non si può escludere che la replica di Castiglione sia cronologicamente vicina all’originale e che possa essere uscita dalla stessa bottega del Caravaggino.

Gesù è un bambino dall’incarnato roseo, in braccio alla Vergine. Guarda negli occhi il mago più anziano, in ginocchio, che gli porge il dono a capo scoperto, in segno di rispetto.

La Madonna ha lo sguardo malinconico perché consapevole di ciò che patirà il Figlio. Giuseppe si appoggia al bastone, stando in piedi, quale attento custode della famiglia che gli è stata affidata.

Le loro aureole sono due sottili cerchi d’oro, mentre quella di Cristo, luce del mondo, è un’aura luminosa che emerge per contrasto nell’ombra della capanna.

Spuntano i musi dell’asino e del bue, dai grandi occhi mansueti. La stalla, che inquadra la porzione di cielo con la stella dei magi, ospita una coppia di colombe. Esse, con il loro candore, sono simbolo dell’amore casto e fedele tra Maria e Giuseppe, ma sono anche l’offerta rituale, d’uso presso le classi più povere, utilizzata per la presentazione del primogenito al tempio.

I magi sono tre, secondo la tradizione derivata dal numero dei doni citati dall’evangelista Matteo, che tuttavia non specifica quanti fossero i sapienti venuti dall’Oriente. Le corone, i ricchi abiti e i loro gioielli li definiscono quali re. Matteo non parla di sovrani, ma immaginarli quali massimi rappresentati del potere umano significa mostrare che anche i più grandi della terra sono chiamati a riconoscere in Gesù il Re dei re.

Uno dei magi è un vecchio con barba e capelli grigi, la spada al fianco come il compagno che sta dietro. Il secondo è un uomo con barba e capelli castani che piega il capo, simmetricamente alla Vergine, ed è pronto ad aprire il prezioso contenitore con il suo dono. Il più lontano, accompagnato da un piccolo servitore, è connotato quale africano dalla pelle scura ed è probabilmente il più giovane.

I magi, così raffigurati, simboleggiano le tre età dell’uomo e le diverse parti del mondo allora conosciuto. Essi dicono non solo che a Cristo si addice l’omaggio dell’intero genere umano, ma che il suo messaggio è per tutti.

Nel profondo paesaggio che si apre sulla destra si distingue un ponte, su cui sfilano cammelli carichi di bagagli e figure dinamiche che si affrettano, mentre il cielo si colora dell’aurora di un giorno nuovo.

Dott.ssa Laura Marazzi