lunedì 1 gennaio 2024

Che cosa abbiamo imparato nel 2023?

Nel mese di dicembre molte testate pubblicano liste degli eventi o dei personaggi più importanti dell’anno. E’ una maniera di fare memoria di ciò che è successo negli ultimi dodici mesi. Io ho provato a chiedermi che cosa resta dell’anno 2023 e l’ho condiviso nella celebrazione del Te Deum.

I fatti accaduti si dimenticano in fretta, ma quello che abbiamo imparato, no. Per questo non ho fatto una lista di eventi, ma ho riletto l’anno trascorso di fronte allo specchio della parola di Dio.

Abbiamo imparato che la solidarietà patinata, presentata da tante imprese commerciali, non ha niente a che fare con la carità. Dovrebbe riprendere fiato nelle vite dei credenti la carità cristiana, che non è un valore aggiunto ad una vendita, ma “l’immagine del Dio invisibile, Gesù, Figlio del suo amore”. Bellissima questa definizione cristologica di Col 1,13! La carità non è una promozione sdolcinata. Deus caritas est (1Gv 4,8).

Abbiamo imparato che la guerra non finirà. O almeno non finirà fino a quando i potenti del mondo privilegeranno la produzione delle armi alla compassione per le vittime. E purtroppo l’economia delle armi è anche vicina a noi. Non basta scusarsi dicendo che se non le produciamo noi le produrrà qualcun altro. Abbiamo invece ancora da ricordarci che solo per mezzo del Preziosissimo Sangue effuso sulla croce da Cristo sarà pacificato il mondo (Cfr. Col 1,20).

Abbiamo imparato che i poveri li avremo sempre con noi, ma che dobbiamo accoglierli come siamo chiamati ad accogliere Gesù nei bambini, negli affamati, nei senza tetto, nei profughi. Non ci tocchi di ascoltare nell’ultimo giudizio la tremenda frase del prologo di Giovanni: “Venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11).

Abbiamo imparato che il riscaldamento globale porterà inevitabilmente alla crisi del pianeta, perché le decisioni a livello mondiale vengono prese da coloro che producono beni consumando su scala ciclopica le bellezze della terra (loro le chiamano risorse). Purtroppo le politiche internazionali sono molto lontane dalla sapienza che governa, dal loro inizio, le sorgenti cariche d’acqua, la terra e i campi, le basi dei monti e delle colline, le prime zolle del mondo, e così pure i cieli, le nubi in alto, le sorgenti dell’abisso, il mare con i suoi limiti, posti affinché le acque non ne oltrepassino i confini (Pr 8,24-29). 

Abbiamo imparato però che la bellezza salverà il mondo: abbiamo cercato di conservare quella artistica, ricevuta dai nostri antenati, ad esempio nei concerti di musica sacra, negli affreschi della Collegiata e della chiesa della Biciccera, appena restaurata. Abbiamo cercato di rendere l’arte fruibile e conoscibile da tanti e per tanto tempo. Ma non dobbiamo dimenticarci che il mondo è già stato salvato, e proprio da quel “Verbo fatto carne” in cui “era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1), il quale ha permesso all’arte cristiana di esprimere capolavori di fede che miravano alla gloria di Dio, prima che all’espressione del virtuosismo.

Abbiamo imparato che, come cristiani, non siamo migliori degli altri e non lo saremo mai finché avremo la presunzione che il cammino alla salvezza vada lastricato di atti di perfezionamento solitario. Ci restano da percorrere tanti sentieri, da fare tanti tentativi, da compiere nuove scelte perché la Chiesa cammini in maniera sinodale, con la coscienza che le divisioni morali, gerarchiche, di genere, devono essere “riconciliate tutte per mezzo di Lui e in vista di Lui” (Col1,20), il nostro Principio.

Abbiamo imparato, infine, che “le poesie vanno sempre rilette, lette, rilette, lette, messe in carica;  ogni lettura compie la ricarica, sono apparecchi per caricare il senso” (Valerio Magrelli).

Ma se ciò vale per la parola del poeta, varrà ancora di più per la parola del profeta, oracolo e parola di Dio. Ci auguriamo per l’anno nuovo di non lasciarci “trasportare qua e là da ogni vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Al contrario, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo” (Ef 4,14-15).

Personalmente, nel passato 2023 so di non aver amato abbastanza, ma ho imparato anche che nessun uomo può affermare di amare abbastanza. La parola “abbastanza” non solo non fa rima, ma neppure può accostarsi alla parola Amore.

Invece sento, ogni giorno di più, che di misericordia non si eccede mai, anzi essa è l’unico atteggiamento che non rimpiangerò mai di aver praticato.

Buon anno!