lunedì 29 giugno 2020

Appunti omelia quarta dopo Pentecoste, rito ambrosiano

- Come avvenne ai tempi della grande pandemia: mangiavano e bevevano, erano assidui agli aperitivi e agli happy hours, frequentavano chef stellati e osterie fuori porta, ma, da un giorno all’altro, tutte queste attività furono chiuse.

- Come avvenne nei giorni del COVID: prendevano moglie, prendevano marito, facevano grandi progetti e promesse, ma all’improvviso si trovarono tutti senza futuro, senza sapere cosa riserverà il domani.

- Come avvenne ai tempi del lockdown: compravano, vendevano, erano i padroni del mondo, avevano disponibilità illimitate, ma ad un certo punto tutte le aziende erano chiuse e soltanto gli ospedali non bastavano più.

- Come avvenne nei giorni dell’isolamento sociale: piantavano e costruivano, fiduciosi nella potenza illimitata della tecnologia con cui soggiogavano la terra, ma infine si accorsero di essere fragili foglie che il vento disperde.

Forse sono proprio i giorni più difficili e incredibili della nostra vita a introdurci al linguaggio apocalittico di Gesù con una nuova e più vissuta comprensione.
Magari, a poche settimane di distanza dalla tappa più critica che abbiamo mai vissuto, anche noi possiamo fare memoria di come il Figlio dell’Uomo si è manifestato ancora, anche in quei giorni, al nostro intimo.
Nascosto nella sofferenza delle persone care, presente nella mano che li ha accompagnati; riconoscibile nel sacrificio dei buoni, velato nella natura che non si è fermata, e in tanti altri modi che ciascuno di noi riconosce.

La prima lettura ci ha parlato dei tempi di Noè, presentando un mondo, distrutto e sfigurato dal peccato (con espressioni terribili), un mondo che però, dopo il diluvio, rinascerà nuovo secondo il progetto d’amore di Dio, che non viene meno.
Certo occorre però riconoscere i peccati e le mancanze, per non ripetere soltanto quello che c’era prima.

San Paolo ci direbbe che occorre discernimento per non continuare a vivere basandoci sulla fragilità della carne (parola che non riferisce alla sfera sessuale, ma alla radicale inconsistenza di quello che siamo, alla presunta nostra autonomia) per accogliere i doni dello Spirito in noi e fondarci su di essi che portano all’amore, alla pace e gioia profonde la nostra povera e ferita esistenza.

Per raggiungere questa meta, Gesù ci chiede di non esitare nel passaggio dall’autoreferenzialità al dono di sé: “Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva”.